Graphic Design as Cultural Object: History, heritage and mediation in the digital age è il convegno internazionale organizzato presso lo IUAV di Venezia il 22 febbraio 2018 per discutere dello statuto e dell’eredità storica della grafica nella sua dimensione di oggetto culturale.
Graphic design as cultural object in the digital age
Il convegno Graphic Design as Cultural Object: History, heritage and mediation in the digital age – organizzato dalla School of Doctorate Studies (Design Sciences program) and Design and Museology research group of the Università Iuav di Venezia, Université de Lille-laboratoire GERiiCO – vuole essere un momento di riflessione e di dialogo tra discipline diverse sul graphic design. La dimensione digitale, sempre più pervasiva in questo mondo, offre opportunità e sfide per la storia del design e desi media digitali, per le humanities, per le scienze della comunicazione, gli studi archivisti e museografici e il design dell’interazione. La conferenza, inoltre, è parte dell’European Year of Cultural Heritage (EYCH) ch epromuove il motto “Our Heritage. Where the past meets the future”.
La sfida della conservazione degli artefatti grafici digitali
In particolare, il mio intervento, si è focalizzato sul cambiamento di statuto degli artefatti grafici a seguito dell’introduzione delle tecnologie informatiche. A partire dal biennio 1982-84 il mondo del graphic design – e delle comunicazioni visive in senso lato – sono stati travolti da una serie di fenomeni che hanno definitivamente traghettato, anche il mondo analogico della stampa, verso l‘ecosistema digitale.
Ipertestualità, multimodalità, interfacce grafiche e desktop publishing sono le rivoluzioni che hanno portato gli artefatti visivi – i digital graphic objects – a essere prodotti, pensati e consumati in termini digitali.
Ideazione, progetto, processo
L’oggetto digitale è, al contempo e sempre più, momento concettuale e proiettivo di un’dea e file esecutivo. Se lo strumento per pensare ed esprimere il progetto e quello per realizzare la sua versione finale coincidono, anche le fasi procedurali tendono ad appiattirsi sempre più. Da un lato vediamo la perdita di coinvolgimento della figura del designer nelle fasi strutturali – come la realizzazione dei wireframe, nel caso del design delle interfacce per siti e applicazioni – e dall’altro il passaggio diretto, spesso, all’implementazione e al codice.
Questa mutazione del processo rende difficile, in un’ottica di lettura e conservazione storica, ricostruire il percorso ideativo.
Permanenza e obsolescenza
Un’altra questione, che diventa sempre più centrale nel dibattito dell’uso delle tecnolgoie informatiche nel mondo della conservazione, è il problema dell’obsolescenza. A maggior ragione se l’oggetto da preservare è, a sua volta, digitale. La dismissione dei lettori di CD-rom negli attuali computer, la fine del mantenimento e del supporto del plug-in di Flash che permette la visualizzazione via browser dei file ShockWave Flash annunciata per il 2020, la mancata retrocompatibilità di molti formati1 – il concetto di beautiful degradation vs. progressive enancement – mette in crisi la possibilità stessa di poter garantire la soravvivenza storica degli artefatti comunicativi digitali. Il paradosso è quello di avere dati, ma di non potervi più aver accesso.
Domande aperte per una storia dei new media
Infine, la storia dei new media pone una serie di domande che, personalmente, per il momento rimangono aperte: dove e come trovare le versioni originali di carteggi, documenti e artefatti che hanno vissuto tutto il loro ciclo di vita all’interno di un mondo virtuale a cavallo tra il pubblico e il privato? Come ripercorrere a ritroso la genesi di un progetto nel continuo versioning e sovrascittura dei file di elaborazione che delll’esecutivo o di ciò che è stato pubblicato? Come distinguere elaborazioni successive, user generated content e/o progetti derivati di opere che sono diventate virali e hanno vissuto una vita altra rispetto all’intenzione originaria del loro autore? Come individuare e collocare, all’interno di un quadro documentale e di fonti primarie o secondarie, i falsi, se non addirittura i fake?
Bibliografia minima:
- Uno, nessuno, centomila. Le civette di Bob Wilson
- Dio è morto, Flash è morto e anche io no mi sento tanto bene
- Tomasin, L. (2017). L’impronta digitale. Cultura umanistica e tecnologia. Roma: Carocci Editore
- Mantellini, M. (2018). Bassa risoluzione. Torino: Einaudi
Per approfondire:
- purtroppo la pagina del sito Einaudi di presentazione del libro di Mantellini ne è un triste esempio… ↩