3° Ux Design Talk: Ux & Big Brands

Con l’inizio della seconda edizione del corso di alta formazione in Ux Design del Politenico di Milano tornano gli Ux Design Talk. Il terzo incontro è dedicato a Ux & Big brands.


Protagonisti della serata dedicata all’ux design & big brands: Roberta Bianco – Managing Director @Continuum, Leandro Agrò – Digital Design Director @Design Group Italia, Luca Mascaro – CEO & Head of Design @Sketchin, e Manuela Ciancilla – Head of UX @Kettydo+ introdotti e moderati – da Venanzio Arquilla, direttore del corso, prima 😉 – da Gianluca Brugnoli – Executive Director di Frog + Politecnico di Milano.

QUALE RUOLO PER L’UX DESIGN?

La prima sollecitazione rivolta agli ospiti è stata quella sulla presenza e sul ruolo dell’ux all’interno delle loro realtà professionali.

In Sketchin, lavorare sul design e sull’esperienza utente significa soprattutto cambiare la vita delle persone tramite la tecnologia. La ux rappresenta un approccio, una di filosofia trasversale sottesa alle attività di design. Il ruolo fondante è la comprensione del comportamento umano.
Altrettanto trasversale è il ruolo all’interno di Kettydo+. La Ux, in questo ambito, supporta tutte le altre funzioani aziendali, dal brief alla raccolta dei requisiti, dai wireframe allo sviluppo. I professionisti coinvolti provengono da formazioni e background anche molto diversi ed altrettanti punti di prospettiva sul progetto.
Il focus di Continuum è soprattutto sugli strumenti e sui metodi che la ux può offrire alle aziende nell’affrontare problemi e cambiamenti complessi.
Il posizione di Design Group Italia, è lievemente eccentrica, vista la tradizione prettamente di product design del brand. Tuttavia la Ux è un fattore importante su cui lavorare in ambito spaziale, di brand o software. Il suo contributo è, infatti, fondamentale quando si sta cercando di mettere un’anima digitale all’interno degli oggetti della nostra quotidianità. In questo caso il comportamento studiato non è solo quello umano, ma anche delle macchine, degli automi, dei bot.

COME SI CREANO LE COMPETENZE DI UX IN AZIENDA E PRESSO I CLIENTI?

Sembra che la ux, rispetto ad altri approcci progettuali sia abbastanza facile da far passare ai clienti. Secondo RB, infatti, è la esperienza che ha fatto in prima persona. Laureata in storia e poi attiva come management consultant, trova che la Ux sia immediata e contaminante. Il fatto di porre le persone al centro è il vero punto di forza, sottolinea MC. La chiave per introdurre questa cultura progettuale presso i clienti – ribadisce LA – è l’attivazione dei punti della matrice. I nodi, cioè, di intersezione tra la struttura gerarchico/piramidale e i reparti/competenze verticalizzate, i silos. Ux e design thinking, con la loro apparente semplicità, aiutano a demolire strutture e a facilitare comunicazione, partecipazione e la creazione di nuove idee.
Per LM la possibilità di passare rapidamente dall’idea a prototipo, mostrando che la soluzione funziona è uno dei modi per convincere il cliente della bontà del progetto. L’ux design, in fondo, è una professionalità in equilibrio tra progettazione e buon senso.

LA FABBRICA DEL CONSENSO

La vera sfida con i clienti, dal punto di vista di LM, è far capire la complessità dei problemi che si stanno affrontando. Il cliente, spesso, pensa che il problema sia l’interfaccia e non l’organizzazione e la struttura ad essa sottesa. Il focus, infatti, non è la tecnologia, bensì il cambiamento. Un ribaltamento di prospettiva, racconta LA, che deve costruire il progetto intorno alle persone che useranno il nostro prodotto o serizio.
Potere supportare le scelte con dati numerici e misurabili può essere una soluzione con alcuni clienti. È il punto di vista del data-driven design, nell’esperienza di MC. Al contrario, con altri è più importante lavorare sulla brand awareness e realizzare progetti coinvolgenti, belli, emozionanti che li rassicurino. L’alternativa, per RB, è il doppio binario stratic: strategic + tactic. Una visione delle potenzialità di lungo periodo e risultati concreti nel medio.

HARD TIMES

Sembra proprio che il momento più difficile di un progetto sia il brief: sia per chi fa gare – Continuum – sia per chi ha deciso di non partecipare mai, come Design Group Italia. Il rischio è porre la domanda giusta che aiuterà le altre agenzie a definire meglio perimetro e obiettivi del progetto. In questo senso la ux serve per raccogliere e comprendere i requisiti.
In Kettydo+ hanno approcciato al problema utilizzando gli strumenti stessi della ux. 🙂
Hanno creato, cioè,  personas e archetipi di clienti con relativi customer journey per comprendere gli obiettivi dei progetti e i loro goal.
Il punto di criticità si sposta sui delivery quando si inserisce la variabile della complessità tecnologica. È il caso di Sketchin quando si occupa di automazione, VR, machine learning o system integration. O quando le scelte progettuali implicano ricadute drastiche come sviluppare uno smart assistant che magari taglierà 100 posti di lavoro. Più la ux ha un ruolo strategico, infatti, più ci si ritrova a sporcarsi le mani.
Specialmente all’inizio, il valore di una azienda secondo LA è l’individuazione dei problemi. L’attività, tuttavia, è  critica perché comporta un investimento di tempo che non sempre viene ripagato dall’acquisizione del cliente.

FLOP E PROGETTI NEL CASSETTO

Ovviamente, non tutti i progetti vengono realizzati fedelmente. Alcuni falliscono, altri non vedranno mai la luce. A volte il progetto, anche se è stato messo on line, non raggiunge lo scopo e quindi viene abbandonato. O, a qualcuno, è perfino successo di progettare il brand dell’aereoporto di Agrigento… 😀
Altre volte anche l’approccio di ux e user-centered design, anziché uno strumento utile, diventa un limite. È il caso del di data-driven design in cui, a fronte di risultati quantitativi suffragati dagli utenti, l’attività scelta – A/B test su visual diversi scelti dal cliente – era, in sé, sbagliata.
Fino al mancato incontro tra soluzioni troppo innovative e strategiche non implementabili o lontane dalla cultura aziendale conservattice e tradizionalista.

ETICA

Adottare un approccio user-centered è già una scelta etica in cui il progettista svolge un ruolo di user advocate. Tuttavia a volte ci si trova ad affrontre problemi specifici: aziende che trattano tabacco, scommesse, armi etc. O situazioni più ambigue: il giornale che ti chiede di enfatizzare banner e adv a scapito dei contenuti. L’assicurazione che ti cheide di nascondere e annidare informazioni importanti a discapito del cliente e del customer care. O scelte delicate che suscitano riflessioni contrastanti, come un produttore di sigarette che ne voglia lanciare una meno dannosa sul mercato…
Il dubbio che rimane sotteso è se l’ux design sia, a priori, una posizione etica o solo sugar coating.

ESTETICA

Infine, in che termini si gioca il rapporto tra ux e user interface design, da un alto e il marketing, dall’altro.
Secondo LM tutte le volte che si progetta un’esperienza si sta dando una forma a una funzione percepita e, quasi sempre, si sta risolvendo anche un problema di brand. Diversa la posizione di chi fa product. In questo caso il designer esternalizza molto meno la competenza di ux e dà forma all’oggetto, prima di comunicarla. Per RB un’eventuale mancanza di coerenza con il brand diventa poi evidente nei diversi touch point. Il momento più frustrante nel rapporto tra ux e visual è quando, testati singolarmente funzionano, ma insieme no! e ci si ritrova a dover conciliare la parte più innovativa del progetto con le esigenze del business.

 

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