Le civette di Bob Wilson, parte del ciclo Voom Portraits, sono esposte all’interno della mostra Tales a Villa Panza: una serie di installazioni di video arte in equilibrio tra figuratività classica e innovazione digitale.
Tales: Bob Wilson a Villa Panza
Prorogata fino a marzo 2018, Villa Panza a Varese ospita la mostra Tales di Bob Wilson. L’esposizione propone un insieme di video-opere appartenenti al gruppo Portraits, interpretati tra gli altri da Isabella Rossellini, Roberto Bolle, Brad Pitt, i Lady Gaga Portaits e altre installazioni del gruppo Voom, da cui prende le mosse la sperimentazione su grande formato di monitor al plasma ad alta/altissima risoluzione, commissionato e sponsorizzato dal TV provider americano Voom HD Network a partire dal 2007.
Il nucleo concettuale del progetto nasce già negli anni ’70 con il lavoro Video Fifties “in cui appariva talora Louis Aragon, talora un meccanico o un prete incontrato per caso in un bar di Brooklyn. Una serie di cento brevi episodi nei quali i diversi soggetti apparivano in situazioni talora assurde e surreali, talora ironiche e inaspettate” 1. Anche nell’installazione di Villa Panza, le opere prendono la mosse dall’apparente contraddizione tra il ritratto, come genere iconografico, statico e solenne e il video, montato in loop, che implica, invece, una azione dinamica, il movimento e il sonoro.
I miei video-ritratti rappresentano una sorta di televisione del futuro, un documento del nostro tempo. E quelli che ho portato a Napoli in prima europea sono ispirati ai Video-Fifties che ho prodotto negli anni Settanta
—Robert Wilson2
Le civette di Bob Wilson
In particolare, nella sala al primo piano, è stata allestita la serie delle snow owls. Numerosi display piatti verticali, posizionati a diverse altezze, creano una sorta di caleidoscopio di immagini e suoni. Ciascun pannello propone la video-riproduzione dell’immagine di una civetta bianca che si staglia su di uno sfondo a pois colorati. I movimenti sono quasi impercettibili, al punto che bisogna osservare a lungo la sequenza per coglierli, salvo quando si è richiamati dal suono stridulo emesso da uno degli uccelli o da una brusca rotazione del capo.
https://youtu.be/msbIay5jlx0
Uno, nessuno, centomila
L’allestimento suscita subito il dubbio: sto guardando lo stesso soggetto, lo stesso video, o sono di fronte a una moltitudine di variazioni dello stesso tema in una ipotetica, infinita modulazione delle combinazioni su cui si gioca l’immagine animata? Lo sfondo su cui si staglia l’animale, nei sui possibili abbinamenti cromatici tra campitura e texture, il ritardo temporale del loop e il ritmo ripetitivo delle sequenze, le possibili varianti del movimeto dei soggetti, sono i fattori continuamente ricombinati che generano, al contempo, un effetto di uniformità e di differenziazione. Ma tutto questo crea una forma originale, anche se seriale, in un’ottica di produzione artistica o, vicersa, siamo di fronte a un numero ennesimo di copie dell’oggetto. In questo secondo caso, quale, tra esse, è l’originale? L’originale ha una sua forma fisica, anche se immateriale, o solo l’atto concettuale generativo è definibile come tale?
Sempre di più, gli artefatti comunicativi aprono e generano questioni ontologiche sul loro stesso statuto. Dall’introduzione del computer nell’ambito della produzione grafica e figurativa degli anni ’80, siamo infatti arrivati alla totale virtualizzazione dell’oggetto e del processo. L’atto ideativo coincide con la forma esecutiva del prodotto in una sorta di appiattimento tra le due fasi. Così accade al momento della riproduzione: un atto di duplicazione o di distribuzione del medesimo file, senza che questo incida, modifichi o mantenga un rapporto significativo con la sorgente. La tecnologia sembra aver ribaltato il paradigma dell’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica di Benjamin, ma anche del modello originario introdotto dalla stampa a caratteri mobili. Anziché avere una serialità di copie tratte da una medesima matrice, siamo di fronte alla “manifestazione di una copia senza originale”3.
Bibliografia minima:
- Benjamin, W. (1936). Das Kunstwerk im Zeitalter seiner technischen Reproduzierbarkeit (Trad. Ita: (1966). L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tenica. Arte e società di massa Torino: Einaudi)
- Falcinelli, R. (2014). Critica portatile al visual design. Torino Einaudi
- Bollini, L. (2016). Large, small, medium. Progettare la comunicazione nell’ecosistema digitale. Rimini: Maggioli Editore
- Benadusi, M. (2017). Il falso nell’epoca della sua riproducibilità tecnica. Mondoperaio 4/2017, 5-9.